Chiesa e persone Lgbt. Incontrarsi in parrocchia a Firenze per costruire “famiglie fortunate”

Articolo di Innocenzo Pontillo** pubblicato sul quindicinale cattolico Adista Segni Nuovi n° 6 del 16 febbraio 2019, pp.10-11

Innanzitutto una lettera: «Si dice che la distanza che c’è fra due persone sia fatta dalle loro storie. Scrivo questa piccola lettera aperta per tutti i giovani cristiani LGBT (Lesbiche, Gay, Bisex e Trans) e ai loro genitori perché vorrei poter condividere con voi le nostre storie. Mi chiamo Carlo e sono un ragazzo come moltissimi altri, sono cristiano, sono gay e ho una famiglia un po’ incasinata; mi sento spesso in bilico fra queste tre sfere che sembrano non incontrarsi mai e che mi creano una bella confusione in testa.

Grazie a Kairos, il gruppo di cristiani LGBT di Firenze, tuttavia, ho scoperto un cammino di inclusione e di gioia, che mi ha permesso di mettermi all’ascolto della voce di Dio, che prima credevo mi fosse negata. Il più grande male che l’omofobia ha causato dentro di me è stato il distacco da me stesso e, quando questo non è stato più possibile, il distacco dagli altri; bloccando tutto fuori, ho purtroppo impedito varie volte anche al bene di entrare.

Nel Salmo 146 si legge che «Al Signore è gradito chi spera nel suo Amore». Ma cosa vuol dire sperare? Io credo voglia dire aver fede, e cosa vuol dire avere fede? In Ebrei 11 si legge «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede», perciò ecco la risposta: anche se il mondo ci dice che siamo sbagliati, scombinati, strani, Dio invece ci dice questo: “Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo: progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza”.

Come possiamo quindi credere che Dio non ci ami così come siamo, o meglio, così come ci ha fatti? Tuttavia, la vita vera è quella di tutti i giorni, quella che ti sputa in faccia e che ti fa star male e, a volte, sono le persone a noi più vicine quelle che meno ci capiscono. Si fa un gran parlare di famiglia: cos’è, cosa non è, cosa dovrebbe essere e, come succede spesso in questi casi, ci si perde nelle definizioni e ci scorda delle persone che sono dietro di esse. Parlare è semplice, ma dialogare è complesso, perciò apprezzo moltissimo l’idea e l’iniziativa per genitori cristiani e i loro figli LGBT che il 2 Marzo 2019 si terrà a Firenze, su quelle che ci piace chiamare le “Famiglie Fortunate”, per creare un dialogo costruttivo ed un clima di condivisione riguardo a tutte le domande che l’omosessualità di un figlio o figlia apre in un contesto familiare cristiano. Vorrei che ogni giovane ragazzo e ragazza che si trovi in questa situazione potesse parteciparvi, perciò vi invito tutti! “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza”».

Le parole del giovane Carlo Felice di Firenze, ci ricordano che se già la “Relatio 2014” del Sinodo della Famiglia su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, prendeva finalmente atto che «alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale» e che «nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (n. 55), ancora oggi nelle diocesi italiane scarseggiano iniziative pastorali per rendere concrete queste parole.

Così, dopo due sinodi sulla famiglia e uno sui giovani, che in vario modo si sono occupate dell’accoglienza pastorale delle persone omosessuali, ancora oggi quando in una famiglia cattolica si sente la frase “mamma, papà sono omosessuale” per quei genitori e i loro figli comincia un lungo e accidentato cammino, in cui faranno esperienza di una Chiesa in grande difficoltà a mettersi concretamente in ascolto e ad accompagnare con “rispetto e delicatezza”.

Scrivono Mara e Agostino di Reggio Emilia che oggi possono affermare che è stata una «benedizione» (apprendere dell’omosessualità del figlio), ma all’inizio e per tanto tempo, forse troppo, è stata molto dura e devastante, soprattutto per la madre. «Siamo cresciuti in una parrocchia di paese in cui il parroco aveva speso la vita per la cura dei giovani e delle famiglie. (…) In questo contesto, scoprire di avere un figlio omosessuale è stato più deflagrante di una bomba. Ci siamo così accorti sulla nostra pelle che, in quell’ambiente, non c’era posto per chi, per qualsiasi motivo, era ed è diverso. L’omosessualità poi non era neppure concepibile: era un problema che non ci riguardava, mai era stato argomento di riflessione, come se i gay, tra noi, non esistessero, e quindi fosse logico giudicare in ogni caso il loro comportamento come depravato e contro natura. Ora ci chiediamo: «E’ giusto? E’ giusto che le realtà parrocchiali o i movimenti ecclesiali che vogliono seguire Cristo in una “via di perfezione” escludano chi non rientra nei canoni considerati “normali”? Cristo non è morto per tutti?. Nostro figlio, quando si è rivolto ad alcuni sacerdoti aderenti al nostro movimento per trovare un aiuto su una condizione che non poteva più negare a se stesso, si è sentito giudicato, investigato, in una parola “sbagliato”. E questo ha certamente contribuito ad allontanarlo, prima dal nostro ambiente, poi dalla Chiesa ed infine, purtroppo, dalla fede»*.

Aggiungono Andrea e Silvia, genitori cattolici con un figlio gay giovanissimo, che «spesso sperimentiamo nella società e nella comunità cristiana incomprensione e indifferenza, a volte rifiuto e ostilità. Spesso sentiamo la frustrazione di non riuscire a realizzare il sogno di un mondo che non discrimini le persone in base all’orientamento sessuale, ed in cui i nostri figli e le nostre figlie omosessuali possano essere se stessi nella libertà e nella verità»*.

Si chiedono Corrado e Michela di Parma: «Come possiamo aiutare i pastori e i nostri figli ad incontrarsi, a percorrere quel ponte a due corsie, che richiede il cammino di entrambi? Dopo “essere usciti dal nostro armadio” ed aver assunto consapevolezza di essere “genitori fortunati” per aver avuto in dono figli e figlie “diversi” che ci hanno aperto orizzonti nuovi, ci è data oggi la possibilità di aiutarli a guarire le loro ferite psicologiche e spirituali, talora anche fisiche. Ci è data anche la possibilità di aiutare i pastori a vedere i nostri figli e figlie con occhi nuovi. Si, occorre uno sguardo di benevolenza. Uno sguardo che sappia vedere il bene che c’è»*.

Per trovare delle risposte, partendo dalle testimonianze delle difficoltà e dalle buone pratiche pastorali già in corso, per il terzo anno consecutivo, sabato 2 marzo 2019 avrà luogo a Firenze l’incontro nazionale “Famiglie Fortunate” per genitori cristiani, i loro figli LGBT e gli operatori pastorali che gli accompagnano. Un’occasione per confrontarsi e interrogarsi insieme su «come cambia una famiglia cristiana quando un figlio o una figlia fa coming out, su quali difficoltà e quali possibilità si aprono nella sua vita quotidiana, di quale supporto pastorale si necessita perché un genitore e un figlio LGBT imparino a riscoprirsi come una Famiglia fortunata».

Un’iniziativa aperta a tutti i credenti di buona volontà e realizzata grazie all’ospitalità e alla collaborazione di alcune parrocchie e comunità di vita consacrata fiorentine, all’impegno di Kairos, il gruppo di cristiani LGBT di Firenze, e al supporto della rete 3volteGenitori per genitori cristiani con figli LGBT e dell’Associazione di volontariato cristiano La Tenda di Gionata.

I genitori cattolici, i loro figli LGBT e gli operatori pastorali, giunti da tutt’Italia, si ritroveranno a Firenze per confrontarsi insieme consci che «si diventa genitori la prima volta alla nascita di un figlio/a; che il coming out ci fa riscoprire famiglia una seconda volta. Ma quando impariamo ad accogliere questa novità, diventiamo per la terza volta genitori e figli di “Famiglie Fortunate” in cui «la pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo» (Matteo 21, 42)».

* Le testimonianze citate testualmente nell’articolo sono di genitori cattolici con figli omosessuali che hanno partecipato alla scorsa edizione dell’incontro fiorentino, sono tutte tratte dal sussidio “Genitori fortunati. Vivere da credenti l’omosessualità dei figli” realizzato e distribuito gratuitamente dall’Associazione “La tenda di Gionata”, nata per volontà del defunto don David Esposito della diocesi di Fermo (Marche) e dai volontari del Progetto Gionata per fare accoglienza, formazione e informazione con i cristiani LGBT, i loro familiari e gli operatori pastorali nelle comunità cristiane. Per richiederne una copia gratuita è possibile scrivere a  tendadigionata@gmail.com

** Innocenzo Pontillo è volontario del Progetto Gionata su fede e omosessualità (www.gionata.org)